Inventore di nuovi mondi
Pubblicato
Venerdì
27 settembre 2024
Fra omaggi e nuove composizioni
Berio è considerato una delle personalità di spicco della nuova musica d’avanguardia europea. È noto per aver adattato e trasformato la musica di altri compositori, ma anche per aver realizzato opere che sono diventate pietre miliari della storia della musica moderna. Nato a Oneglia, in Liguria, il 24 ottobre 1925, Berio impara a suonare il pianoforte dal nonno e dal padre, fanatico sostenitore del Duce. Berio si professerà invece per tutta la vita antifascista, rimproverando a Mussolini di aver costretto al silenzio i più grandi compositori del tempo. Dopo la Seconda guerra mondiale, Berio inizia a studiare al Conservatorio di Milano. Fin da giovane si interessa a nuove forme di espressione musicale, entrando in contatto con la Seconda Scuola Viennese, in particolare con i lavori di Schönberg e Webern.
Attraversare i confini
Nel 1952 Berio si reca negli Stati Uniti per studiare con il compositore e pianista italiano Luigi Dallapiccola. Qui apprende le tecniche seriali, che lo influenzeranno per tutta la vita, e partecipa al suo primo concerto pubblico di musica elettronica. Inizia così a interessarsi alle possibilità di questo genere, che assumerà un’importanza centrale nei suoi lavori successivi. Nel 1955, insieme al compositore italiano Bruno Maderna, Berio fonda lo “Studio di Fonologia Musicale” presso la RAI di Milano che fino al 1983 si dedicherà a esperimenti di musica concreta ed elettronica. Lo studio diventa il terzo polo europeo di esperimenti di musica contemporanea con apparecchiature elettroniche: uno dei più noti lavori di Berio è stato “Thema (Omaggio a Joyce)” del 1958 in cui Berio effettua una rielaborazione elettroacustica della voce della moglie, Cathy Berberian, che legge l’inizio dell’undicesimo capitolo di Ulysses di Joyce su nastro magnetico. Con questo progetto Berio punta a ottenere una nuova forma di unione fra linguaggio parlato e musica, sviluppando continui intrecci fra l’uno e l’altra.
La voce come strumento
Cathy Berberian è stata la musa e l’interprete prediletta di Berio: le sue straordinarie doti canore lo hanno ispirato a creare una serie di opere vocali che esplorano le potenzialità espressive della voce umana. L’opera forse più famosa è “Sequenza III” (1965), in cui il compositore utilizza la voce in modo non convenzionale assimilando musicalmente molti aspetti della vocalità quotidiana, anche quelli triviali, senza però per questo rinunciare ad alcuni aspetti intermedi e al canto vero e proprio.
In molte delle sue opere, Berio ha mostrato un profondo interesse per il linguaggio e la letteratura. Ciò è particolarmente evidente in “Sinfonia*” (1968), in cui intreccia citazioni letterarie (tra cui quelle di Samuel Beckett e James Joyce) con riferimenti musicali e citazioni della storia della musica per dare vita a un complesso collage sonoro.
Opere tarde ed eredità musicale
Anche negli ultimi anni di vita Berio ha lavorato nel solco dell’innovazione. Particolarmente affascinante è “Rendering”, composizione che prende come struttura la partitura frammentaria della Sinfonia “Incompiuta” di Franz Schubert: Berio, sedotto da quegli schizzi, decide di restaurarli senza ricostruirli.
A partire dagli anni Sessanta Berio insegna in varie istituzioni americane per poi rientrare in Europa e lavorare come direttore d’orchestra e direttore artistico. Nel 1987 fonda a Firenze il Centro Tempo Reale, oggi punto di riferimento per la ricerca, la produzione e la formazione nel campo delle nuove tecnologie musicali. Nonostante il successo, Luciano Berio è rimasto per tutta la sua vita un uomo con i piedi per terra: non aveva molta simpatia per i compositori che si ritenevano “portavoce dell’universo e dell’umanità” pensando invece fosse sufficiente “sforzarsi di diventare figli responsabili della società”. Berio è morto a Roma il 27 maggio 2003.