Composto nel pieno del periodo cosiddetto “eroico” di Beethoven, il Concerto per violino e orchestra di Beethoven non respira l’enfasi della Quinta Sinfonia, della Sonata Appassionata, dell’Ouverture Coriolano. Il Concerto si avvicina invece al carattere pastorale della Sesta Sinfonia ed evita i grandi contrasti, preferendo una robusta leggerezza, dal sapore bucolico e spesso ironico. Ironia che si ritrova nella dedica all’amico, e primo esecutore del concerto, Franz Clement: “concerto par clemenza pour Clement”. Violinista noto sia per il suo virtuosismo appariscente, sia per il suono nitido ed elegante, Clement ricevette un concerto ritagliato sulle sue migliori qualità, anche se gli arrivò all’ultimo secondo. Racconta Carl Czerny, allievo di Beethoven, che il compositore terminò la partitura appena due giorni prima del concerto, affidandosi alla prodigiosa capacità di lettura e memorizzazione di Clement. Si può forse comprendere la richiesta di “clemenza” fatta da Beethoven all’amico. La serata si chiude con la Sinfonia n. 2 di Beethoven, scritta tra il 1800 e il 1802. Una composizione in cui i contemporanei avvertirono subito qualcosa di eccessivo e sorprendente rispetto alle loro abitudini di ascolto