Coppie che danzano volteggiando in estasi con i corpi a stretto contatto al posto del pudico minuetto eseguito in punta di mano dall’aristocrazia; turbinosi rapimenti al posto di apparenze stilizzate. All’inizio del XIX secolo il valzer conquista le sale da ballo, e nell’inverno 1814, durante il Congresso di Vienna, raggiunge anche l’upper class. “Nel valzer viennese si vede l’uomo che accompagna la donna a tempo, sollevandola in slanci turbinosi mentre lei si abbandona al dolce e vertiginoso incanto, con un’espressione negli occhi che ne aumenta la bellezza. Si coglie però anche il potere esercitato dal valzer. Bastano poche battute e le facce già si illuminano, gli occhi si ravvivano, un tremito gaudioso scorre tutti i presenti”, così riferisce il Conte Auguste Louis Charles de La Garde-Chambonas. Il ballo a coppie fa girare le gambe e le teste dei viennesi. Johann Strauss (figlio), protagonista del concerto di Capodanno, fa del valzer la musica pop del XIX secolo – e di sé una superstar. Tra i valzer più famosi c’è l’orecchiabilissimo “Sul bel Danubio blu”, quintessenza della leggerezza del valzer viennese che non mancherà di entusiasmare anche i compositori tardoromantici. Pare che Brahms abbia commentato la versione per orchestra del “Valzer del Danubio” con la lapidaria frase: “Purtroppo non è mio”.